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Il primo documento è lo scritto del pellegrino di Bordeaux, il cui stile narrativo verrà poi offuscato da quello usato in seguito da Egeria. Infatti, come descritto da Hunt, gli scritti di Bordeaux erano caratterizzati da una narrativa lenta, in netto contrasto con la letteratura vivace e pervasa di spiritualità cristiana della viaggiatrice Egeria. Robert Wilkin ha anche definito gli scritti di Bordeaux come “un racconto breve e conciso nel quale il pellegrino annota i suoi percorsi, cosa ha visto, dove sono stati cambiati i cavalli e la distanza percorsa da un luogo a un altro. Il libro, insomma, non ha alcun interesse per la teologia, limitandosi a raccontare il viaggio da un luogo a un altro senza seguire un criterio particolare”.

I testi descrittivi del pellegrino di Bordeaux si dividono in due parti: nella prima parte, definita come un diario di viaggio, vengono descritte le stazioni di sosta, i luoghi dove era possibile cambiare i cavalli e le distanze percorse dall'Europa alla Terra Santa. Questi scritti si basavano su guide, mappe e grafici. Mentre, la seconda parte, contiene i nomi dei luoghi religiosi situati intorno e all’interno della città di Gerusalemme.

Sebbene questi scritti contengano importanti informazioni sulla Gerusalemme cristiana, non danno alcuna informazione sulla voce (la personalità) o lo stile di scrittura del pellegrino. Al contrario, dalla lettera della pellegrina Egeria alle Sorelle della Carità, nella quale descrive il percorso del suo viaggio a Gerusalemme, traspare chiaramente il suo stile e il suo talento nella scrittura.

Quanto alla lettera di San Girolamo a Eustochio, figlia di Santa Paola, non si tratta di una semplice guida con una descrizione del viaggio di Paola, ma piuttosto voleva mostrare la spiritualità della donna attraverso le sue reazioni durante la vista in Terra Santa. Anche se non si soffermava molto sui dettagli, Girolamo faceva affidamento sulla sua abilità di scrittore e sulla sua capacità di persuadere, come si evince dalla lettera n. 46 dove esorta Marcella a partire per la Terra Santa, descrivendole quale gratificazione avrebbe tratto da tal viaggio. Per quanto riguarda il pellegrino Pechanza (570 d.C.), noto come Antonio il Martire, i suoi scritti sul pellegrinaggio si differenziano dagli altri di questo filone. Questi infatti scrive dei miracoli a cui aveva assistito in Terra Santa con un elenco di tutte le stranezze e le meraviglie che aveva visto durante il suo viaggio, soffermandosi in particolare sulle erbe e le piante medicinali. Nonostante i numerosi errori linguistici e le descrizioni iperboliche delle leggende locali, i suoi scritti sono considerati una fonte importante, perché grazie alla descrizione della sua esperienza di viaggiatore, spirituale e religiosa, hanno contribuito a identificare gli usi e le tradizioni associate al pellegrinaggio. Questi errori sono dovuti al fatto che questi iniziò a scrivere al ritorno dal pellegrinaggio, affidandosi solo alla sua memoria che evidentemente non lo ha aiutato a ricordare davvero.

Gli scritti di S. Adamnano (679 d.C.), invece, sono considerati il primo documento scritto dopo la conquista islamica della Terra Santa. I suoi scritti si distinguono dagli altri del filone poiché non si basano su un resoconto diretto del pellegrinaggio, bensì sull’ascolto di un altro pellegrino, di nome Arculfo. Arculfo intraprese il pellegrinaggio a Gerusalemme e visitò la Terra Santa, poi partì per Damasco, Costantinopoli e Alessandria. Durante il suo ritorno via mare, una forte tempesta lo portò sulle coste occidentali della Britannia, dove incontrò Adamnano. Questi ascoltò e trascrisse minuziosamente quanto il pellegrino Arculfo aveva visto coi suoi occhi. Nacque così, il “De Locis Sanctis”, il libro in cui Adamnano descrive il pellegrinaggio di Arculfo. Anche se questi scritti non ci hanno fornito un quadro chiaro dello stato dei Luoghi Santi nel primo periodo del dominio omayyade, la loro importanza sta nella testimonianza diretta di Arculfo sulla Terra Santa e sugli edifici di culto. In pratica, la voce del pellegrino e dello scrittore si fondono in un unico testo.

Alcuni testi della letteratura del pellegrinaggio contengono informazioni relative a distanze, stazioni, posti di guardia e stalle per cavalli. Altri, invece, contengono mappe geografiche, come il libro che il filosofo e storico Eusebio di Cesarea scrisse su richiesta dell’amico San Paolino, per aiutarlo nello studio della Bibbia. In seguito, anche gli altri pellegrini usufruirono del libro di Eusebio di Cesarea. Qui, Eusebio menziona i nomi e la posizione dei luoghi della Bibbia traducendoli in greco. Scrisse il suo libro basandosi su diverse fonti, tra cui i testi biblici, una mappa della Giudea, una piantina della città di Gerusalemme e del Tempio, le distanze tra i luoghi, le aree di sosta e deposito.

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